Risale al 1835 la prima grande fake news della storia: John Herschel, grazie ad osservazioni effettuate con il telescopio nell’Africa sub-sahariana scopre che la luna è popolata da unicorni, castori antropomorfi e misteriosi Vespertilio Homo (uomini pipistrello). Grazie a questa notizia il quotidiano New York Sun vende milioni di copie in tutto il mondo, superando persino il Times di Londra. Chi ci crederebbe? Eppure la notizia fece presa perché venne diffusa da una fonte autorevole e perché si fondava su una verità parziale, cioè che l’astronomo Herschel era davvero impegnato in osservazioni astronomiche in Africa. Nonostante la bufala venne smascherata, Richard Adams Locke, editore del Sun si era già intascato un sacco di soldi e comunque la smentita non venne mai pubblicata.
Se allora la notizia fece il giro del globo, pensate a cosa accadrebbe oggi, epoca in cui il formato digitale permette la diffusione istantanea e virale delle informazioni? La fake news, quella super-bufala macroscopicamente falsa, così la etichetteremmo oggi, avrebbe istantaneamente bersagliato una grossa fetta di popolazione e convogliato l’attenzione pubblica, per sgonfiarsi poi più rapidamente di un palloncino, grazie alla rapidità con cui sarebbe circolata anche la smentita. Ad ogni modo sarebbe stata insistentemente condivisa, se ne sarebbe discusso, se ne sarebbe parlato sui social e sui media tradizionali e si sarebbero prodotti gli effetti sperati. Come quelli che nel 1835 cercava Locke e molti altri come lui.
Perché le notizie false e le mezze verità esistono da sempre, perché da sempre alcune persone, hanno interesse a diffonderle. Per tornaconto personale, per nascondere o metter in buona o cattiva luce qualcosa, per convogliare l’attenzione su un tema piuttosto che un altro, per innescare reazioni emotive che ci rendono facilmente sensibili e recettivi. A cosa? Alla persuasione, per motivi politici ed economici.
I social media in questo processo giocano un ruolo fondamentale. Google, Facebook e Twitter sono in grado di misurare in tempo reale i trend topic ossia gli argomenti di cui parlano maggiormente gli utenti. Google redige annualmente un rapporto chiamato Zeitgeist (spirito del tempo) che identifica quali sono stati passioni ed interessi dei fruitori del motore di ricerca. Quindi i media ci analizzano per capire chi siamo e cosa vogliamo, per poi proporci solo contenuti coerenti che aumentino la nostra condivisione ed i like.
Individuati argomenti e notizie che catturano la nostra attenzione, i produttori e diffusori di messaggi propagandistici e pubblicitari silenziosamente urlano la loro, così come fece il Sun per mezzo degli strilloni del 1835. Marketing e tentativi di persuasione travestiti da contenuti e notizie apparentemente neutri, privi di intenzioni altre se non di informare sono infatti decisamente più efficaci.
Nel web percepiamo un senso di libertà e di autonomia di pensiero data dalla possibilità di interagire con i contenuti, di muoverci rapidamente da un informazione ad un'altra, potenzialmente all’infinito, di esprimere la nostra opinione e comunicarla pubblicamente, ma questa sensazione di libertà ci rende più vulnerabili alla propaganda. Goebbels, politico e giornalista del Reich nazionalsocialista affermava: “La propaganda funziona al meglio quando le persone manipolate pensano di agire di loro spontanea iniziativa.”
Se fossi la mamma di Cappuccetto Rosso raccomanderei di non andare a spasso nel bosco delle informazioni digitali e non, perché oltre al fior fiore di notizie e utili riflessioni da raccogliere, ci sarebbero lupi di messaggi persuasivi e propagandistici in agguato. Ma personaggio di una fiaba non sono e comunque e giustamente nel mondo dell’informazione digitale ci avventuriamo tutti, il consiglio è proprio di andare a cercarli i lupi attrezzandosi prima, conoscendone abitudini e comportamenti.
Come si fa? Diventiamo noi stessi produttori di informazione digitale e capiamo perciò da molto vicino come funziona questo mondo e cosa funziona in questo mondo, perché è senza dubbio un buon sistema per scovarne le insidie e proteggere la nostra libertà di pensiero e di scelta.
Riva G. 2017, Psicologia delle fake news, Psicologia Contemporanea, pagg. 84-85, Giunti
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